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Interposizione del simbolo con il valore

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    stasimos
  • 22 giu 2018
  • Tempo di lettura: 6 min

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Interposizione del simbolo con il valore:

In quale punto della formulazione esperta e pubblica sulla problematica della Xylella il valore è assegnato all’ulivo, o piuttosto proviene da esso stesso?

Nel districarsi tra gli interventi e le opinioni, il soggetto e oggetto della questione è l’ulivo. Questa entità o attore territoriale risulta da angolature differenti o oggetto o soggetto. Nel campo della scienza ufficiale si rileva un discorso sulla agroeconomia e sull’agricoltura nel quale l’ulivo emerge come oggetto di ricerca, speculazione ed intervento. Nella diffusività dell’opinione pubblica, e della comune percezione, l’ulivo accompagna il suo essere oggetto alla capacità di esprimere quasi una soggettività, che lascia presagire un comportamento dai tratti riconducibili all’autonomia simbolica. Il primo punto della questione è indubbiamente quello della reciproca influenza tra scienza ufficiale ed opinione pubblica, nella cui relazione intervengono molteplici vettori e veicoli dalla natura, e dall’intenzionalità esplicita o latente, più disparata. Si vuole qui fare riferimento a quei discorsi e a quegli attori che ruotano intorno a specifiche necessità di definizione dell’ambiente e della sua gestione. La variegata conformazione delle prerogative che si condensano e operano su un territorio rende conto della necessaria elaborazione di un rapporto di utilizzo e sfruttamento delle risorse del territorio, e gli esempi si muovono a partire dalla terra e la sua coltivazione, alla popolazione e i suoi consumi, o ai piani di implementazione dei flussi turistici. Il mercato agroalimentare, gli istituti di investimento e credito, e più genericamente gli attori che appartengono all’apparato produttivo locale, detengono una presa economica specifica sul punto di vista territoriale. Tale presa la si può comprendere come elaborata e raccolta in una sfera di intenzioni, retoriche, azioni ed interessi che guardano al territorio alla luce di una sua oggettivazione, essenzialmente una formalizzazione necessaria alla pianificazione economica e strategica. Questo punto di vista non è del tutto esente dall’includere aspetti popolari e culturali degli oggetti che intende gestire: tuttavia ad un livello scalare, dove il legame di un ente economico più o meno grande con il territorio di suo interesse è più o meno vincolante, più o meno diretto. L’impressione è che anche nella sfera che si ritiene più formale di tutte, quella economica, esistano degli attori che vi appartengono, che non riescono a prescindere dal significato socio-culturale (non qui ancora simbolico) che l’opinione comune assegna all’ulivo. Tuttavia questi attori sono solo quelli più intimamente strutturati dalla interazione prossima al territorio e alla sua popolazione: il loro rapporto con la scienza ufficiale risulta dunque sempre di fedeltà, ma in virtù della universalità che essa pretende da coloro che sono posti sotto la sua effige, gli attori economici più interrelati con il territorio non possono non guardare alle sue peculiarità, e talvolta osservare formalizzazioni troppo riduttive o drastiche operate dalla scienza ufficiale. Ciò avviene, bisogno comunque dirlo, nella misura in cui è immaginabile una riflessione, non certo un dialogo, poichè i mezzi per intavolare una elaborazione socioeconomica del discorso scientifico ufficiale, manca per dimensioni e diffusione ai piccoli istituti di credito, agricoltori, o enti territoriali amministrativi. Il fatto che esista però questa riflessività con il territorio, mette in luce la differenza con la parte alta della sfera economica: questa non è legata alla società territoriale, se non da una unilaterale capacità di determinazione ed utilizzo di ogni suo aspetto.

D’altro canto, il pubblico a sua volta ha la sua sfera. Ciò a cui ci si è riferiti come opinione pubblica è stato forse troppo brevemente introdotto, e rappresenta infatti solo il sostrato informale e potenziale della riflessione pubblica. Un fenomeno chiarificatore è infatti quello che vede l’attivarsi dell’ulivo o come simbolo, o come semplice catalizzatore di intenzioni, interessi, remore, disagi e disaccordi di un sentire abitativo talvolta contraddittorio o parzialmente conflittuale. Se nella sfera economica vi sono attori meno pretenziosi che ancora svolgono un ruolo sociale diffuso di mediazione con il territorio, nella sfera popolare vi sono opinioni che guardano con attenzione alle modalità di gestione e sfruttamento del territorio, in virtù delle scelte ecologiche e di vita che queste implicano. Un coinvolgimento di questo tipo, un engagement che è un entrare in una relazione di reciprocità con il territorio che si abita, significa l’attribuzione di più ampia personalità e carica esistente alle entità che lo compongono. Dall’altro lato, vi è una parte di opinione pubblica, e quindi di popolazione, il cui rapporto con il territorio o è economicamente relativo (non producono direttamente, o magari neanche indirettamente), o è mediato dalla formalizzazione dello spazio derivante dalla esclusione dai processi di territorializzazione (questo territorio lo sento mio). Quest’ultimo aspetto è relativo a strutture sociali della modernizzazione che riescono a slegare la popolazione dai vincoli produttivi dei beni, la cui distribuzione è oggi diffusa ed affidata a sistematiche organizzazioni territoriali che difficilmente interagiscono in forma dialogica reciproca con gli acquirenti particolari. In questo senso un discorso storico sul lavoro, del dispiegarsi della sua forma sociale e mediatrice tra uomo e spazio, mostrerebbe la qualità e l’intensità del coinvolgimento e dell’interazione delle comunità con il territorio. Nel contesto ammodernato del territorio da noi osservato, il pubblico e la sua opinione mostra ovviamente differenti gradi di identificazione con il territorio circostante, e con le entità che lo compongono, a seconda anche della necessità di immaginarlo, significarlo, e in ultimo, organizzarlo. Tuttavia se si vuole arrivare a definire l’ingerenza della scienza ufficiale in quest’ultimo processo, bisogna fare riferimento al suo dialogo con le modalità prima accennate di attivazione del simbolo ulivo, le cui occasioni mostrano un potenziale culturale di una economia simbolica autonoma di questa peculiare unità di vita.

Quale è dunque l’orientamento culturalizzato della comunità rispetto a se stessa e al territorio tra scienza ufficiale e entità caratterizzanti? La disparità delle relazioni di potere tra gli attori coinvolti rappresentano l’ovvia cornice dialettica di tali dinamiche, dove tra gli attori territoriali più determinanti, detentori dunque di più mezzi di produzione, si annoverano quegli agenti economici transcalari brevemente definibili come rispondenti a interessi slegati dalla sostenibilità di un rapporto ecologizzante tra risorse territoriali e comunità. È infatti rispetto a quest’ultima relazione che l’ulivo mostra la sua qualità autonoma: parte fondativa e precipitata della visione contadina, quest’ultima scardinata dalla modernizzazione delle strutture socio-economiche. Il radicamento (non solo metaforico) al territorio delle piante di ulivo, produce un simbolo sulla cui attivazione bisogna però distinguere: solo a determinate condizioni esso rende esplicite le implicazioni della riproduzione della visione ecologizzante del mondo. Queste condizioni sono infatti legate alla possibilità di intravedere concretamente tra la propria attività lavorativa e l’ecologizzazione del territorio in cui esso si produce una relazione economica necessaria. Per questa ragione, il simbolo presenta una dimensione economicamente connotata, e un’altra, più sottile e flebile, presupposto della prima, che richiama antichi saperi e passate consapevolezze. Esse persistono a patto di non essere esplicitate e di non dare luogo ad una eziologia capace di mettere in discussione concretamente le relazioni di produzione garantite dall’ordine socio-economico della distribuzione dei beni. È un sentire simile quasi ad un sospetto o ad una reverie, di aver tradito un mondo senza poter capire quando o come, frutto della dissimulazione delle responsabilità a fronte dell’arricchimento. Ci sentiamo di dire che la funzione simbolica è svolta dall’ulivo solo nella prima condizione. Nell’altro caso l’ulivo svolge una funzione rispetto al pubblico e alla sua opinione, ma la possibilità di costituire il centro di una significazione ampia, in grado di rendere il simbolo operativo, è ridotta. Nello spazio che le è precluso si introducono piuttosto la scienza ufficiale e i suoi portatori. Nel parlare del simbolo ulivo, non ci si può come si vedrà, esimere dal definire la condizione moderna dell’individuo e della comunità. Difatti, la relazione tra uomo e spazio è alterata dalla semplice percezione territoriale: la mediazione simbolica è svolta per lo più non dalle entità vitali del territorio, ma dalla virtualità immaginativa della moderna struttura di approvvigionamento dei beni. Tra uomo e spazio, nella maggior parte della società contestuale alla nostra osservazione, non vi è un’intima relazione di dipendenza, o afferenza, dal punto di vista produttivo, e le categorie di comprensione o rappresentazione del territorio sono, in sede decisionale, come in sede opinionistica, estrapolate dal contesto istituzionale e scientifico, piuttosto che da quello di visioni ecologizzanti del rapporto tra lavoro e ambiente, proprie di chi concretamente interpone la conduzione della propria esistenza con quella degli ulivi. Tuttavia, l’ulivo rimane, anche per la parte più ampia della popolazione, un simbolo, anche se dai caratteri moderni.

In relazione alla problematica della Xylella risulta allora determinante comprendere il primo quesito che è stato posto. L’ulivo in questo contesto detiene sia un ruolo di attore soggettivo, con la sua presenza storica, sia di entità oggettivata ricompresa nel paesaggio. Quest’ultimo concetto e alcuni dei suoi utilizzi attuali possono chiarire il ruolo che spetta al territorio in una società dalle moderne relazioni di distribuzione e accesso ai beni.


 
 
 

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