Le sfide del Welfare e la crisi dei corsi di vita
- stasimos
- 28 mag 2018
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 29 mag 2018

M. Kohli, sociologo di origini svizzere, già negli anni ’80 parlava dell modernità come portatrice di omogeneizzazione nelle transizioni dei percorsi di vita delle persone, molto più di quanto non avvenisse nelle società tradizionali, pre industriali.
Queste intuizioni oggi appaiono ancora più calzanti con l’avvento della postmodernità, culla della globalizzazione e seme del capitalismo consumista. All’interno di questo scenario l’alta finanzia, l’economia, il mondo del lavoro, i trasporti, la produzione di beni (ecc.) sono estremamente interconnessi fra loro creando una rete di flussi in connessione interdipendente su scala mondiale. Questo scenario, non fa altro che appiattire e scandire in modo standardizzato i vari passaggi transitori della vita, come ad esempio può essere quello verso “l’età adulta”.
Inoltre la postmodernità e la mondializzazione del mercato stanno rendendo più fragili i regimi di welfare che nacquero nel ‘900 per cercare di gestire quel conflitto di classe scoppiato definitivamente nel secolo precedente con l’avvento dell’industrializzazione la quale ha esaltato il conflitto di classe in uno scenario di rapporto di forza nella produzione tra chi deteneva il capitale e l’operaio. La fragilità dello Stato sociale sta proprio in questo, nella sua incapacità di gestire il conflitto di classe e ridurre i rischi ad essi connessi.
Sicuramente l’inasprimento del conflitto di classe e una forte spinta verso questo deficit acclarato lo ereditiamo dalle politiche neoliberiste che proprio dalla seconda metà degli anni ’70 e per tutti gli anni ’80 hanno smantellato pezzo dopo pezzo il welfare state, non solamente da un punto di vista prestazionale funzionale ma sopratutto da un punto di vista filosofico di concezione della società, collettività e del bene comune.
Una descrizione di quella che in precedenza è stata definita come “fragilità dello Stato Sociale” la possiamo ritrovare nella massiva adesione del Centro e Sud Italia alle promesse del Movimento 5 stelle sul “Reddito di cittadinanza” nelle recenti elezioni politiche, sintomo questo di un esasperato bisogno d’aiuto e riscatto sociale da parte della pancia più debole del paese in contrapposizione ad una elitè imprenditoriale radicata al nord. Una fotografia di oggi del conflitto sociale e dell’inadeguatezza del welfare pubblico nel restringere e limitare una contrapposizione di classe in parte anche frutto della mancanza di sostegno nei percorsi di vita soprattutto dei meno abbienti.
Si profila cosi un orizzonte in cui l’aumento dell’imprevedibilità e incertezza dei corsi di vita crescono e paradossalmente questo rende ancora più difficile l’articolazione di un
welfare capace di intervenire per dare risposta alle esigenze delle persone, che deve essere in grado di dare soluzioni altamente individualizzate e personalizzate. Quindi paradossalmente la contemporaneità ci sta consegnando una calendarizzazione di percorsi di vita sempre più omogenei ma con dei percorsi di vita sempre più incerti e imprevedibili. Il tutto coadiuvato da un’indebolimento della spesa pubblica, sempre più ridotta, il che grava innanzitutto sulle spalle delle famiglie e dei Care Giver.
Lo Stato e le Regioni sono spinte ad allargare l’orizzonte di stakeholders per cercare di sopperire alla mancanza di risorse e ad una domanda crescente sempre più bisognosa di personalizzazione proprio per quanto descritto in precedenza. Questo fenomeno non per forza deve essere negativizzatto, mi riferisco all’allargamento della piattaforma degli stakeholders, anzi sta producendo nuove forme di welfare, pensiamo a quello di prossimità o a quello culturale, tuttavia questo non può essere sufficiente perchè l’apertura ai capitali privati, all’ibridazione pubblico privato è sempre più una realtà, un welfare mix in ascesa. Questo però porta con se uno strascico di considerazioni non indifferenti e tra questi spicca sicuramente il discorso legato alla tutela dei beni comuni e al rischio di assistere all’ascesa di prestazioni per il cittadino a taglio non universalistico. Questo ad esempio è il caso lampante del welfare aziendale tanto supportato dalla Giunta Regionale del Piemonte con la sostanziazione del We.Ca.Re., un piano di riforma del Welfare state regionale.
Ed è proprio sfiorando il tema dell’universalismo, che non possiamo non parlare della Sanità figlia di una delle riforme, quella degli anni ’70, a mio avviso più belle del nostro paese che ha universalizzato la prestazioni sanitarie, mettendo un tassello importante per la sostanziazione dei diritti sociali.
Il rischio che la Sanità perda il suo carattere universalistico è più che una supposizione. L. Baci nel libro “Il Pianeta Stretto”, ci mette in guardia, con un’analisi lucida, sul trend statistico che porterà la società moderna ad un invecchiamento sempre più evidente spostando l’asse del baricentro dell’età media degli abitanti verso l’alto. Ci dice che la società ultracentenaria è sempre più una realtà, tuttavia, questa società non si sa se sarà sostenibile ma sicuramente per provare a supportare un ingente pressione di spesa pubblica, portata dall’invecchiamento della società, si potrà provare a ridimensionare in parte le future contingenze strutturali con giuste scelte di riallocazione delle risorse ma sopratutto si dovrà aprire verso i capitali privati. I rischi che l’incrocio pubblico privato può portare sono diversi, pressioni lobbistiche, interferenza con gli interessi pubblici (ecc.) ma per il cittadino il primo rischio è che venga messa a repentaglio l’universalità degli interventi, unico modo per garantire
un humus che sorregga lo sviluppo di un’uguaglianza sostanziale e che quindi non “comprometta” il corso di vita delle persone in quanto cittadini portatori di diritti. Questo scenario è sempre più futuribile alla luce anche dell’estrema flessibilità che la modernità porta con se. Ed è qui che entra in gioco un’altro elemento di analisi da tenere in considerazione, poiché la flessibilità agisce sia a livello macro che a livello micro. Tuttavia se a livello macro la flessibilità è una “condicio sine qua non” per essere appetibili sul mercato allargato e reggere la competizione internazionale, a livello micro flessibilità e precarietà sono diventati sinonimi intercambiabili. Uno dei problemi è che questa precarietà è destinata a minare le radici della società in quanto non permette più di sostenere il comune modello “Full time - Full life” e di conseguenza le giovani coppie sempre più difficilmente hanno figli oppure ne hanno di meno.
Il calo demografico è un dato di fatto cosi come lo è il fatto che le nuove generazioni saranno sempre di meno e questo comprometterà la base economica delle risorse pubbliche attraverso la quale costruire uno Stato sociale allargato, in più a questo va aggiunto l’avanzamento della società ultracentenaria di cui parlavamo prima e ci rendiamo conto che lo scenario e il futuro per i percorsi di vita delle persone saranno sempre più imprevedibili e precari cosi come la funzione del welfare state.
In conclusine questo mi porta a fare una considerazione più allargata, o ci rendiamo conto che questa situazione è figlia di un sistema economico malato e viziato che fa delle vittime la sua forza; i poveri non sono uno scarto ma sono parte attiva del regime economico in cui siamo inseriti, o le cose probabilmente non possono cambiare. Questo non vuol dire imbracciare le armi contro un potere che non è nemmeno sovvertibile con una rivoluzione, poiché l’interdipendenza economica è talmente vasta e capillarizzata che non permetterebbe azioni di questo tipo (oltre ad altre considerazioni eitche).
Vuole essere questa una presa di coscienza che porti a riflessioni in direzione del cambiamento sistemico attraverso scelte politiche che vadano ad esempio verso: il sostegno dell’economia civile, le banche etiche, l’appoggio di nuove forme di welfare di prossimità, la sperimentazione di nuove tipologie integrate di servizi, una programmazione sociale tipica bottom up, una narrazione e limitazione di una flessibilità che non può essere solo monodirezionale a favore delle aziende, ma che porti a tutelare i lavoratori, la regolamentazione dell’ingerenza del privato, un ripensamento del sistema lavoro, una riflessione sull'università e l'insegnamento (ecc.)
L’apertura al privato è già in atto ed è bene regolamentare e mettere dei paletti fissi nel rapporto triangolare Pubblico Privato Cittadini al fine di garantire dei percorsi di vita dignitosi, cosi come è altrettanto importante scegliere verso quale welfare ibrido ci si
vuole orientare, perchè se pur vero è che la tradizionale divisione del welfare fatta da E. Anderson tra: W.s. Liberale, W.s. conservatore e W.s socialdemocratico è una base ideologico ancora persistente, è vero anche con non si può narrare la realtà e il sistema welfaristico solo attraverso questi tre macro ambiti.
Inoltre la modernità costringe a pensare le Politiche in modo integrato e ad assumere un approccio olistico che non ragioni per compartimenti stagni e che riesca finalmente a connettere il mondo del mercato del lavoro, al welfare pubblico e all'organizzazione familiare. Bisogna che le classi dirigenti comincino a rendersi protagoniste di questa nuova metodologia di analisi della realtà e che si ridefiniscano i rischi sociali alla luce delle mutate condizioni in cui i calendari di vita delle persone si articolano .
28 Maggio 2018 L.O.
#povertà #disuguaglianze #stato sociale #welfare state
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potrebbe essere stimolante, a proposito del welfare, la possibilità di considerare anche la sua creazione come implicito ( o esplicito? ) tentativo di addomesticare il conflitto di classe cercando di integrare nel nel ceto medio quella parte di popolazione che in quegli anni rivendicava maggiori diritti. Assumere il welfare come risultato di un compromesso pare essere l'interpretazione più idonea; un compromesso frutto di una dialettica fra forze opposte che si espone ad una molteplicità di letture politiche, di cui nessuna probabilmente può ritenersi portatrice di veridicità assoluta. Dunque, credo che proprio questa impossibilità di una lettura monolitica del welfare ne permetterebbe una rivisitazione critica e propositiva.
#marcuse #uomoaunadimensione #welfare