Quello che di volta in volta gli uomini intendono col concetto di "uomo" è sempre una convenzione borghese transitoria.
Certi istinti rudimentali vengono respinti e condannati da questa convenzione la quale chiede un po' di coscienza, di civiltà, di sbestiamento; e un pochino di spirito è non solo permesso ma persino richiesto.
L' "uomo" di questa convenzione è, come ogni ideale borghese, un compromesso, un tentativo timido e ingenuamente astuto di gabbare sia la natura, cattiva madre originaria, sia lo spirito, molesto padre originario, nelle loro pretese violente e di trovare nel giusto mezzo un tepido domicilio.
Per questo il borghese permette e tollera quella che chiama "personalità" ma la consegna nello stesso tempo al Moloc chiamato "stato" e li pone l'una contro l'altro.
Perciò il borghese brucia oggi come eretico e impicca come delinquente quello stesso al quale posdomani erigerà monumenti.
Che l'uomo non sia una cosa già creata ma un postulato dello spirito, una possibilità lontana altrettanto invocata quanto temuta e che la via per arrivarci sia sempre percorsa per un breve tratto, fra tormenti ed estasi inenarrabili, da quei rari individui ai quali oggi tocca il patibolo, domani il monumento: questo sospetto è vivo anche nel lupo della steppa.
Ma quello che in antitesi al suo "lupo" egli chiama "uomo" è in gran parte null'altro che quell' "uomo" mediocre della convenzionalità borghese.
H. Hesse